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A ricostruirlo è lo studio “Il paesaggio nelle Valli Valdesi e le sue evoluzioni antiche e recenti”, a cura di Paolo Varese, Fabrizio Longo e altri ricercatori, pubblicato su La Beidana.
🌄 Dalle glaciazioni alle prime comunità alpine
Molto prima che arrivassero i coloni e i contadini, le Valli Valdesi erano un laboratorio naturale. Dopo le grandi glaciazioni del Quaternario, la vegetazione tornò a colonizzare i versanti, trasformando steppe fredde in foreste rigogliose.
Con l’arrivo dell’uomo – già nell’età del Rame – iniziarono i primi pascoli, le bruciature controllate e la coltivazione dei campi.
In epoca romana comparvero i castagneti, destinati a diventare la spina dorsale della vita rurale per oltre un millennio.
🌰 Il castagno, “l’albero del pane”
Per secoli, il castagno ha nutrito e riscaldato gli abitanti delle valli. I suoi frutti – le castagne – erano la base dell’alimentazione: fino a 150 chili pro capite l’anno.
Il legno serviva per costruire, riscaldare, fare utensili e perfino per produrre tannino.
Non a caso, veniva chiamato “albero del pane”.
Il paesaggio era un mosaico di vigneti, prati, pascoli e boschi curati a mano, dove ogni metro quadrato era frutto di ingegno e sudore.
⛰️ Quando l’uomo se ne va, torna il bosco
Tra Ottocento e Novecento tutto cambia. La fillossera distrugge le vigne, le guerre portano via generazioni di contadini, le fabbriche della pianura attraggono chi resta.
Le montagne si svuotano e la natura si riprende i suoi spazi.
Prati e pascoli abbandonati diventano boschi, e le antiche terrazze franano o si coprono di vegetazione.
Oggi la superficie forestale è cresciuta enormemente, ma a costo della perdita di biodiversità agricola e di paesaggi storici che raccontavano la vita quotidiana di chi li abitava.
🍇 Il ritorno della montagna viva
Non tutto però è nostalgia. Negli ultimi anni, le Valli Valdesi stanno conoscendo una nuova stagione di rinascita.
L’agricoltura di montagna è tornata protagonista con progetti di viticoltura eroica, come il celebre Ramìe DOC di Pomaretto, prodotto su ripidi terrazzamenti a oltre 800 metri di quota.
Anche i castagneti storici stanno tornando a vivere grazie a interventi di recupero, filiere locali e turismo rurale.
🌱 Oltre la retorica del “green”
Oggi si parla molto di turismo sostenibile e territori incontaminati, ma – ricordano gli autori – dietro questi slogan si nascondono secoli di relazioni complesse tra uomo e ambiente.
Il paesaggio delle Valli Valdesi non è mai stato “naturale” in senso puro: è il risultato di un equilibrio continuo tra uso, abbandono e rinascita.
🕰️ Un’eredità da custodire
Guardare alle montagne valdesi significa riscoprire una memoria collettiva fatta di fatica, solidarietà e rispetto per la natura.
Come scriveva Italo Calvino, “il paesaggio non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano”.
E forse è proprio in quelle linee – nei muretti a secco, nei castagni secolari, nei pendii coltivati – che si può leggere il futuro delle nostre valli.
Articolo originale: “Il paesaggio nelle Valli Valdesi e le sue evoluzioni antiche e recenti”, a cura di Paolo Varese, Fabrizio Longo, Iolanda Armand Ugon, Giovanni Manavella, Renato Nisbet e Giancarlo Bounous.
Pubblicato su ResearchGate e nella rivista La Beidana n.104 (2022).
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