Vuelve el progreso

Dieci giorni per scelta e per obbligo senza giornali e televisioni italiane: devo dire che non ho perso molto. L’Europa Unita che si allarga, torture a prigionieri iracheni con scuse immediate americane ( a conferma ulteriore che la guerra inasprisce ed inaridisce), la vicenda degli ostaggi trasformata in telenovela infinita e che a liberazione avvenuta (almeno si spera), permetterà ai tre di divenire per qualche giorno ospiti fissi in tutte le trasmissioni di intrattenimento nazional-popolare. Eroi.

Non metto punti esclamativi nè interrogativi, ha ragione quel giornale che titola: beato il paese che non ha bisogno di eroi. Gli eroi della guerra vinta, our boys con cui si mangia il tacchino nel giorno del ringraziamento, sono i torturatori di oggi a cui, per una decisa ripulita di coscienza ma soprattutto per una questione di immagine si prospetta la corte militare. I soldati non si possono confondere con terroristi che bruciano e seviziano corpi: la convenzione di Ginevra viene citata anche da vertici militari indignati. Oltretutto torturano nello stesso carcere dove torturava Saddam, un colpo all’immagine devastante. La guerra irachena mette in evidenza tutte le contraddizioni e gli errori di gestione: un ex generale di Saddam messo d’imperio a rimettere ordine a Falluja. Insomma si processa solo il capo e per convenienza non tutto l’apparato. Colpa individuale e non collettiva, si riconosce valenza difensiva a chi riceveva ordini e per così dire obbediva per timore: in base a questo folle principio si poteva assolvere i criminali nazisti resisi responsabili di crimini efferati in giro per l’Europa?. Difatti dopo una settimana arriva il dietrofront: al posto del generale compromesso arriva uno dei servizi segreti un pò meno compromesso ma sempre uomo d’apparato: prima di un’altra gaffe si verifica chi era e cosa faceva; può anche essere che abbia contribuito alla tortura di qualche prigioniero e perchè no alla morte. Saddam non era tanto tenero. Per convenienza si può dimenticare anche il passato meno limpido. Motivazioni strane per l’ordine di Falluja, segno di fallimento ricorrere ai fantasmi del passato pur di scappare dall’Iraq: alla fine il paese del Tigri e dell’Eufrate potrebbe essere riconsegnato al partito Baath senza Saddam.

Una famiglia cubana di esuli anticastristi che vive comodamente a Miami possiede in un’isola dell’America Centrale una piantagione di canna da zucchero, 190mila ettari. Si sono costruiti una ferrovia privata che porta la canna allo zuccherificio di loro proprietà. Sapete quanto pagano la manodopera, i tagliatori di canna con machete: 1,5 dollari a tonnellata, dicesi tonnellata. Lo chiamiamo sfruttamento?. Baracche ai margini della ferrovia e della piantagione, baracche è ancora un complimento: non esiste nulla, nè luce nè altro, se non fatica e sudore sotto quaranta gradi per sei mesi all’anno. Fidel Castro non è nè un santo nè un martire, però questi personaggi che vengono dipinti come gli unici salvatori di Cuba non sembrano proprio moralmente ineccepibili e non sono nè santi nè martiri: un pò di obiettività non guasterebbe. Scommettiamo che a Fidel caduto scomparirà l’embargo durissimo che non ha tagliato il regime ma la gente, il pueblo?. Altra contraddizione palese in questo viaggio nel ritorno al progresso: in un Piemonte in crisi, in un Piemonte di cassaintegrazione Fiat, in un regione che perde potere d’acquisto, i consiglieri regionali non solo si aumentano lo stipendio ma anche il Tfr. Quando si decide in tal senso, scompaiono magicamente destra e sinistra. Moralismo fine a se stesso?. Chiamatelo moralismo girotondista però in una situazione di difficoltà, dalla classe politica si deve pretendere almeno un pò di rigore: il paese tira la cinghia, tiri la cinghia anche la classe dirigente. Cosa ho visto?. Bambini che ti rincorrono per avere un dollaro od una confezione di marmellata, scalzi sotto un sole cocente. Ho visto la povertà con la P maiuscola e sono veramente indignato. Un conto è parlarne per commentare statistiche e costruire belli ed arguti interventi, un conto è vedere dal vivo come centinaia di persone vivono senza nessuna dignità riconosciuta. Questo tipo di povertà non l’avevo ancora vista, non almeno a questi livelli, ma parlare di povertà è francamente riduttivo. In Italia aumentano i poveri, in Italia scompare la classe media, non è solo l’Eurispes “vetero-stalinista-comunista” a dirlo, sono le situazioni a dirlo e talvolta anche l’istituto nazionale di statistica. Cosa sono gli uomini che ho visto?. Bestie da sfruttare per la ricchezza di pochi: non è questo il mondo che voglio, magari sarò un’utopista da città del sole, credo almeno di poter scrivere per il raggiungimento di una piccola luce. Baracche fatiscenti, rifiuti e topi (visti anche quelli, non certo sornioni) ad un metro dalle catapecchie, scuole non frequentate perchè i frequentatori girano a chiedere l’elemosina o a pulire scarpe (con turisti scemi di ogni nazionalità soddisfatti per questa dimostrazione da terzo mondo che fotografano per mostrare agli amici, nelle calde serate in confortevoli case, la differenza tra NOI e LORO) e la maestra è più povera dei suoi poveri alunni. I fotografi di questo spettacolo non sono italiani o quasi mai italiani: gli abitanti del Bel Paese si superano in decoro e rispettano silenziosamente la tragedia rispetto ai nordici teutonici/anglosassoni che ci definiscono incivili (per un pò d’immondizia spedita in land puliti e lindi): ironizzano beatamente su pizza, mafia e pasta ma si esaltano nel dimostrare che i loro childrens non girano per le strade a chiedere un pò di umana pietà. E’ la LORO vittoria personale, poter dimostrare che the way of life scelta è quella vincente, belle scuole, belle macchine, belle carriere, bei sorrisi, belle carte di credito. Gli italiani si accontentano del loro bravo cellulare che squilla ovunque, anche nel villaggio più sperduto e si arrabbiano di brutto se nel villaggio più sperduto “non c’è campo”. Il non c’è campo è un metro di giudizio per valutare se un paese è sottosviluppato, sviluppato o in progresso: mi sembra un comportamento talvolta ingenuo, talvolta becero ma non maledettamente cattivo. Non ci stupiamo e non mi stupisco più di niente in questo paese di santi, navigatori e poeti: da un’inchiesta che verrà presentata alla Camera emerge che un quinto dei ragazzi italiani intervistati ha pregiudizi razziali mentre un venti per cento è tollerante e favorevole all’integrazione. Siamo al pareggio e non è un bel risultato pensare che una discreta percentuale della “prossima generazione” ha stimoli similar-razzisti. Dove ci porteranno?. Vuelve el progreso: non ci sono in questo universo maledetto nè quaderni nè libri ma questo è persino il meno, i medicinali sono importati e sono carissimi, non ne godono tutti, non certo i tagliatori di canna. I ricchi, i ricchissimi sono pochi e possiedono le chiavi di ogni operazione economica. E’ l’indifferenza l’essenza del nostro vivere quotidiano. Gente che vive di nulla mentre noi, diciamolo francamente, noi intesi come società occidentale paradigma di benessere libertà e democrazia sverniamo tra macchine con il navigatore e cellulari trial band che fanno pure le foto. Noi siamo sempre più stressati dagli orari, dal lavoro, dalla vita in genere: gente che si picchia e si accoltella per un rosso o per uno stop, famiglie che si sterminano per un nonnulla. Questo paradigma mi è lontano mille miglia, un paradigma che ha dimenticato cosa significa la parola SOLIDARIETA’. Poi, non contenti, ci riempiamo la bocca di paroloni come esportazione di valori: ma di quali valori stiamo parlando?. Del successo, della carriera, dei soldi, del denaro vince e corrompe tutto?. Sono questi i valori che dobbiamo rincorrere ed esportare?. Vincere. O vogliamo parlare di tratta degli schiavi, di distruzione delle civiltà, orrori della nostra storia, di una storia che rincorre e perseguita il terzo mondo?. Sono cifre impressionanti, venti milioni di persone mandate dall’Africa nel nuovo Mondo a fare gli schiavi: i risultati di oggi sono figli di quel passato, è bene non dimenticarlo. “Portiamo la libertà” mi ha detto un americano molto yankee durante un viaggio “è il nostro compito”, cappellino da basket dei Bulls. Mi elenca tutte le guerre in nome della libertà combattute dal popolo americano, anche per la nostra libertà, ma dimentica nel lungo vittorioso elenco quella del Vietnam. Deve essere una ferita ancora aperta anche per quel trentenne americano con il cappellino dei Chicago Bulls che non ha fatto la guerra del Vietnam ma avrà avuto un parente morto, ferito, missing o tornato in patria psicologicamente instabile. Democrazia e libertà, ma diamo la patente di democratico e libero anche a quei paesi in cui vota il 30% e la ricchezza è posseduta dal due per cento della popolazione: sono però quelli strategicamente rilevanti a cui possiamo concedere una seconda occasione. Non so se queste sono parole alternative, non so se sono alternativo e non mi interessa saperlo. Non so se possa essere alternativo dire che parte del mondo è stufa di guerre e dei 960miliardi di dollari di armi all’anno quando potremmo perlomeno provare a migliorare le condizioni di metà dell’umanità. Non ci possono riuscire molti governi del terzo mondo perchè corrotti (le multinazionali pagano abbastanza bene concessioni e favori), non ci può riuscire chi pensa al terzo mondo come ad un eden in cui non esistono regole noiose con cui confrontarsi malgrado codici etici e morali sottoscritti pomposamente da amministratori delegati solerti che si impegnano a rispettare l’individuo e i suoi diritti in ogni parte del mondo. Spesso parole gettate al vento. Fermiamoci a riflettere su questo progreso.

Pubblicata in data 19/3/2005

VUELVE EL PROGRESO parte 2

Torno da un viaggio breve ma intenso di cui presto leggerete le notizie salienti. Qualche settimana fa avevo scritto che per un po’ di tempo avrei abbandonato la solita dicitura, un mondo migliore e giusto, almeno più giusto di quello attuale. Quello che ho visto (in questa e in altre circostanze) conferma quanto scrivo da due anni a questa parte: un mondo più equo e più giusto è non solo necessario ma dovuto. Dovuto a quei due miliardi di cittadini di questo pianeta che non hanno diritti, non hanno una vita dignitosa, non hanno futuro se non campare come schiavi a frugare nell’immondizia. E’ questo il progresso?. I Maya, gli antichi eredi della civiltà  sterminata dai conquistadores, il massacro più ampio e misconosciuto della storia (si, uccisi anche in nome di Dio non solo del potere e della sete di denaro di pochi), sono i paria del Messico. Dilaga la povertà  senza che nessuno tenti di deviare questo pessimo costo della storia. Basta bambini costretti a vendere chincaglierie agli angoli della strada, laceri e sporchi. Non è questo il mondo che voglio e forse non è questo il mondo che volete. Un mondo ricco di contraddizioni: l’Africa è ricca di risorse ma muore di fame, sete ed aids, il Chiapas, tra le altre cose è ricco di acqua ed uranio ma vive in condizioni miserrime. Come è possibile questa dicotomia tra vorrei ma non posso?. Proviamo, ogni tanto, a porci la domanda.

Maya@valchisone.it

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