Industrializzazione della Val Chisone da metà Ottocento agli anni Settanta del Novecento – Parte I

Industrializzazione della Val Chisone da metà Ottocento agli anni Settanta del Novecento – Parte I

Immagine di copertina: Minatori alla Miniera del Beth (fonte: http://www.pineroloplay.it/alla-scoperta-delle-miniere-del-beth-in-documentario-il-138-a-pragelato/)

 

Industrializzazione della Val Chisone da metà Ottocento alla crisi degli anni Settanta del Novecento

 

 

 

Tesi di Laurea di Pier Luigi Simondi

 

Relatore: Prof. Renata Allio

 

Corso di Laurea in Economia e Gestione delle ImpreseScuola Universitaria di Management d’Impresa (A.A.2008/2009)

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CAPITOLO I – L’INDUSTRIA MINERARIA

 

1.1. Le miniere del Beth

Il sig. Matteo Allamand, il giorno 12 ottobre 1739, si presentò al Consiglio Comunale di Pragelato asserendo di aver trovato del minerale di rame nel vallone di Mendie, chiedendo perciò di essere autorizzato a proseguire le ricerche. La storia pionieristica delle miniere del Beth1 iniziò quel giorno e durò fino al 1863, quando il più importante giacimento della zona, a quota 2775 m, venne dato in concessione al cav. Pietro Giani, col nome ufficiale di “Miniere di Vallon Cros e Glacières”. Lo sfruttamento industriale dei giacimenti minerali cupriferi partì da allora.

Nel 1863, si dovette procedere alla costruzione di una strada carreggiabile2 per poter trasportare la sempre maggiore quantità di minerale ricavato dalle gallerie ma questo fatto determinò un incremento dei costi. Pertanto nel 1865 Giani decise di associarsi con il francese Jacques Guilmin, esperto nel ramo mineriario al quale, al prezzo di 10.000 lire, cedette un sesto dell’azienda e dei diritti derivanti da essa.

Tra il 1863 ed il 1872 il Giani ed il nuovo socio francese Guilmin, costruirono per il trattamento del minerale un piccolo fabbricato denominato “Fonderia della Tuccia” in località Clot des Touches, sul fondo della Val Troncea e dei forni, detti di San Martino, a quota 2320 m, dove il materiale estratto veniva alleggerito mediante cottura delle scorie per facilitarne il trasporto a valle. I notevoli investimenti sostenuti a fronte di scarse entrate, portarono al fallimento del Giani ed alla sospensione delle attività. Dopo anni di inattività lo sfruttamento venne ripreso nel 1887, dall’erede del Guilmin, Henry. Fece ripristinare l’antica strada e fece costruire una teleferica. Nonostante questi tentativi, i fattori economici contribuivano a rendere poco conveniente la coltivazione del rame. In un documento del 1888 della Rivista del Servizio minerario di Torino, veniva dichiarato che il rame del Beth era venduto a Marsiglia per 25 lire alla tonnellata  alle quali però andavano aggiunte le spese di spedizione via treno, che ammontavano a 13-15 lire a tonnellata3.

In seguito a questo responso il Guilmin cedette le miniere, nel 1890, ad una società italo-francese, la Compagnia Rami e Zolfi di Pinerolo, che aveva sede amministrativa a Parigi e sociale a Bruxelles; Henry Guilmin fu chiamato a rivestire la funzione di direttore amministrativo della società.

La Compagnia organizzò i lavori con metodi industriali. Iniziò i lavori di scavo della galleria “Nuova” per collegarsi direttamente con gli impianti che si aprivano in Val Germanasca e nella Val Troncea, evitando di far passare il minerale estratto attraverso il Colle del Beth e consentendo così il lavoro anche d’inverno. Venne costruita una teleferica lunga 4000 metri, dalla stazione di partenza dell’Angolo sita a 2435 m., in località Vaiolet, fino alla Tuccia, a 1730 m. Le strutture e gli impianti della Tuccia furono ampliati e modernizzati con la costruzione di una centrale elettrica. L’energia prodotta, circa 150 kwh, serviva per il trattamento del materiale e per l’impiego di perforatrici elettriche in galleria. Per poter lavorare nella stagione invernale si costruirono dei baraccamenti destinati ad abitazione dei minatori vicino all’imbocco della appena sorta galleria Nuova a quota 2540 metri.

Nel 1899 il complesso minerario cambiò di proprietà, passando alla Società Mineraria Italiana. L’attività raggiunse la massima intensità ai primi del Novecento quando gli occupati a tempo pieno erano 150. I nuovi gestori intensificarono i lavori di scavo e nel 1902 riuscirono a prolungare la Galleria Nuova fino a raggiungere una colonna mineralizzata tale da rendere più produttivo il sito.

L’inverno del 1904 fu molto nevoso e, dopo giorni di intense nevicate, i 120 minatori che si trovavano nelle baracche al di sotto del colle del Beth, isolati ed impauriti, il mattino del 19 aprile si misero in marcia verso il fondovalle. Due valanghe, staccatesi contemporaneamente dai due versanti opposti, travolsero uomini, baraccamenti, paravalanghe ed installazioni minerarie. I morti furono 81, quasi tutti molto giovani. L’attività riprese con molte difficoltà e cessò definitivamente nel 1914.

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