Radiografia di povertà e ricchezza – il Mondo a due velocità

Radiografia di povertà e ricchezza/1: il mondo viaggia a due velocità

Sono talvolta i numeri a rendere evidente il grande ed imbarazzante divario tra i paesi più industrializzati ed il cosiddetto terzo Mondo. Queste povere righe hanno l’obiettivo di rendere lampante questo divario. L’Indice di sviluppo umano è un primo chiarissimo indicatore. Tra i primi dieci paesi al mondo sei sono europei (Norvegia, Islanda e Svezia ai primi tre posti, Olanda quinta, Belgio sesto, Svizzera decima), un’asiatico (Giappone al nono posto), una dell’Oceania (Australia quarta), due paesi dell’America del Nord (Stati Uniti e Canada, settimi ed ottavi). Tra i primi venticinque gli europei sono diciannove (l’Italia è ventunesima), due sono oceanici (all’Australia si aggiunge la Nuova Zelanda), due asiatici (Israele si aggiunge al Giappone) e due sono americani del Nord (i già citati Canada e Stati Uniti). Quali sono gli ultimi della classifica?. Sierra Leone ultima e a salire, Niger, Burkina Faso, Mali, Burundi, Mozambico, Etiopia, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Guinea, Ciad, Angola, Costa d’Avorio. Gli ultimi diciassette paesi del mondo sono tutti africani. Non va meglio se consideriamo la speranza di vita delle popolazioni terrestri.

In Italia un uomo può sperare di vivere mediamente 77 anni ed una donna 83. Ci sono sedici paesi in cui questa speranza di vita è sotto i cinquanta anni per gli uomini e le donne: quindici paesi sono africani ed uno è asiatico (l’Afghanistan). Una donna in Zimbabwe ed un uomo in Malawi hanno una speranza di vita media di circa 40 anni. In Zambia un uomo ha una speranza di vita media di quarantadue anni, una donna di quarantuno.In Mozambico siamo 42 a 45 ma per le donne, in Angola 44 a 48 per le donne. Quarantaquattro sono anche gli anni per la speranza di vita di un uomo del Botswana, le donne vivono mediatamente un anno in più. In Uganda e in Etiopia 43 anni per gli uomini e 45 per le donne, in Somalia si sta meglio: 45 anni per gli uomini e 48 per le donne. L’Afghanistan uno stato non africano garantisce 47 anni agli uomini e 46 per le donne, in Burundi 45 a 47 come in Costa d’Avorio le donne vivono due anni in più: 48 anziché 46. In Liberia invece le donne raggiungono una speranza media di 50 anni, gli uomini si fermano a 47. Secondo campanello d’allarme: in Africa non c’è sviluppo e si vive poco, una speranza media di vita inferiore di trenta anni rispetto ai paesi industrializzati.

Da cosa dipende questa bassa speranza di vita?. Uno dei mali del secolo scorso e drammaticamente di questo è l’Aids. Se in Italia è ammalato lo 0,4%, in Botswana è colpito dal virus il 21% della popolazione (record assoluto). Non stanno meglio Lesotho e Zimbabwe attestati sul 17%, la Namibia 13% circa, il Sudafrica (11,4%), lo Zambia 11,3%, il Kenya con l’otto per cento, il Malawi con il sette per cento, la Repubblica Centrafricana di poco sotto il sette per cento, il Ruanda, Burundi e Camerun sei per cento, il Mozambico e la Costa d’Avorio con il cinque, la Tanzania con il quattro. Negli Stati Uniti ed in Svizzera è malato di Aids lo 0,3% della popolazione, in Australia lo 0,06%, in Canada lo 0,2%, in Cambogia l’1,3%, in Thailandia l’1,1%. L’emergenza Aids emerge prepotentemente da questi dati: senza interventi rapidi (cocktail anti-aids a basso costo) l’Africa è un continente destinato a morire di Aids. Un altro aspetto è l’alimentazione. In Italia ogni cittadino ha a disposizione 3680 calorie/giorno. Nella Repubblica democratica del Congo 1514, in Somalia 1531, nel Burundi 1605, in Eritrea 1665, in Tagikistan 1716, in Afghanistan 1755, alle Comore 1753. Esattamente la metà. Nello Zambia le calorie giorno divengono 1901, in Angola 1903, In Sierra Leone 1904, in Armenia 1943, in Tanzania 1958, nella Repubblica Centrafricana 1946, in Kenya 1965, in Mozambico 1961. Sono quindici i paesi i cui abitanti si nutrono con meno di duemila calorie, undici sono africani. Poco sopra il Madagascar 2007, lo Yemen 2041, il Ciad 2046, il Ruanda 2058, la Cambogia 2070. Dei venti paesi meno nutriti del mondo quattordici sono africani e sei asiatici. Sono 3700 in Austria e Belgio, 3300 in Islanda, 3500 ad Israele, 3700 in Portogallo, 3300 nel Regno Unito, 3800 negli Stai Uniti, 3500 in Ungheria. Un mondo a due velocità anche per quanto riguarda l’alimentazione. Se in Danimarca e Svizzera il 100% della popolazione ha a sue disposizione risorse idriche, ci sono diciassette paesi in cui meno del 50% della popolazione dispone di risorse idriche. Fanalino di coda l’Afghanistan pre-guerra con il 13%, l’Etiopia con il 24, il Ciad con il 27, la Sierra Leone con il 28, la Cambogia con il 30, l’Angola con il 38, l’Oman con il 39% ed il Burkina Faso con il 42. Tredici sono paesi africani, tre asiatici ed uno oceanico (Papua Nuova Guinea). L’emergenza idrica allarma sempre di più, esistono dossier in cui si sviluppano scenari apocalittici eppure si assiste ad una sorta di immobilismo preoccupante. Dunque ricapitoliamo: mondo spezzato in due. Si vive meno nei paesi più poveri, si muore di Aids, di fame e di sete e non esistono ospedali e posti letto per curare le malattie. In Italia ogni mille abitanti ci sono 4,9 posti letto. In Norvegia ci sono 14,4 posti letto ogni mille abitanti, in Olanda 11,3, in Giappone addirittura 16. In Niger 0,1, in Afghanistan, Benin, Etiopia, Nepal, Mali 0,2 ogni mille abitanti, in Bangladesh 0,3, in Senegal 0,4, nello Zimbabwe 0,5. In India 0,8, ad Haiti, in Indonesia e Pakistan 0,7. Tra i ventisei paesi che dispongono di meno di un posto ogni mille abitanti, uno appartiene al centro-america, otto sono asiatici, diciassette sono africani. Un’altra enorme differenziazione è rappresentata dall’alfabetizzazione della popolazione. In Italia la percentuale di analfabeti è dell’uno virgola quattro per cento. Tra i diciotto paesi con più del 50% di analfabeti, cinque sono asiatici e tredici africani. Spicca il Niger con l’84%, seguito dal Burkina Faso con il 75,Sierra Leone con il 63, Senegal, Gambia ed Afghanistan con il 62, Benin e Bhutan con il 61, Guinea con il 60, Angola e Bangladesh con il 58%. Radiografia di povertà e ricchezza/2: Sono talvolta i numeri a rendere evidente il grande ed imbarazzante divario tra i paesi più industrializzati ed il cosiddetto terzo Mondo. Queste povere righe hanno l’obiettivo di rendere lampante questo divario.

Qual è il paese che vanta il più alto prodotto nazionale lordo per abitante?. E’ il Lussemburgo con 46mila dollari annui. Nei primi cinque ci sono quattro paesi europei ed uno americano: al secondo posto spicca la Norvegia con i suoi 39mila euro seguita dalla Svizzera con quasi 37. Solo quarti gli Usa con 36200. Ultimo posto della top five la Danimarca con 32900. Nei primi dieci ci sono complessivamente sette stati europei, due asiatici (il Giappone sesto con 31mila dollari, il Qatar nono con quasi 28mila) ed appunto uno del Nord America. Irlanda ed Islanda sono al sesto e settimo posto a cavallo dei 30mila dollari, l’Olanda è decima con 25890. Nei primi venti gli stati europei divengono quindici (si aggiungono all’undicesimo posto il Regno unito, al dodicesimo la Svezia, al quattordicesimo l’Austria, al quindicesimo il Principato di Monaco, al sedicesimo la Finlandia, al diciassettesimo il Belgio, poi Francia e Germania), sono tre gli asiatici (il Brunei è tredicesimo) e l’America del nord (il Canada è ventesimo). Dall’undicesimo, il Regno Unito al ventesimo (il Canada) i prodotti nazionali lordi per abitante sono estremamente vicini: 1500 dollari appena. L’Italia vanta 20399 dollari. Quali sono i venti paesi con i prodotti nazionali lordi più bassi?. Il primato negativo spetta alla Repubblica Democratica del Congo con 84 dollari appena, seguita dall’Etiopia con 95 e dal Burundi con 100. Nei primi cinque ci sono altri due stati africani: la Somalia con 110 dollari e la Sierra Leone con 146. Nei primi dieci ci sono ben nove stati africani (Eritrea 164, Malawi 166, Niger 176, Burkina Faso 184) ed uno asiatico (settimo posto per Myanmar, l’ex Birmania con 165). Seguono Liberia, Tagikistan, Ruanda (198 dollari), Mozambico (primo paese a superare i duecento dollari, 204) e Ciad. Nei primi venti gli stati africani sono quindici e cinque sono asiatici (oltre ai già citati ci sono Nepal, Cambogia ed Afghanistan). Mondo a due velocità, il divario si allarga. I consumi sono un indicatore del divario: se nel 2002 in Italia si consumavano 4732 kwh per abitanti sono ben trentuno i paesi in cui questo consumo era sotto i cento kwh. Protagonista negativo il Ciad con 13, seguito dalla Cambogia con 20, l’Etiopia con 22, il Burundi con 24, Comore con 26, Ruanda ed Afghanistan con 27, Repubblica Centrafricana con 30, Haiti con 37 e repubblica Democratica del Congo con 40. Conferma inequivocabile di un trend: nei primi dieci stati sette africani, due asiatici ed uno dell’America centrale. Negli ultimi trentun paesi ben ventisei sono africani, esulano Bangladesh e Laos che chiude questa speciale classifica negativa con 96 kwh. In Italia muiono durante il parto 7 donne ogni centomila nati vivi. In cinque paesi (tutti africani) le donne morte sono 1000 o più di mille ogni centomila nati vivi: in Eritrea 1000, in Malawi, Mozambico e Repubblica Centrafricana 1100, in Sierra Leone muoiono 1800 donne ogni centomila nati vivi. Nel presentare l’ultimo dato statistico vorrei fare una riflessione: quali sono le prospettive dell’infanzia nel Terzo Mondo?. Per i bambini della Sierra Leone, nulle o quasi nulle: il 150 (per mille) muore nel primo anno di età ed il 316 (per mille) entro i primi cinque anni. Se in Italia il rapporto è rispettivamente 4,3 e 6 per mille in Angola è del 127 e 295 per mille. Sono dati drammatici confrontati con quelli dei paesi più sviluppati: Islanda 2,7 per mille entro il primo anno di età e 4 per mille entro i primi cinque anni., Giappone 3,1 e 4, Svezia 3,2 e 4. In Liberia muiono 135 bambini su 1000 nati entro il primo anno e 235 bambini su 1000 entro i primi cinque. In Francia 4,3 e 5 per mille nelle due casistiche, come in Germania e in Danimarca. In Ciad 100 bambini su mille entro il primo anno e 200 bambini su mille entro il quinto anno di vita. Tra i quindici paesi con la più alta mortalità entro il primo anno tredici sono africani, uno asiatico (l’Afghanistan) ed uno, Haiti del continente americano. Tra i quindici paesi con la più bassa mortalità dieci sono europei, tre asiatici seppur in diverse aree geografiche (Israele, Giappone e Singapore), uno è dell’Oceania (Australia) ed uno dell’America del nord (Canada). Se entro il quinto anno muoiono 4 bambini islandesi su 1000, sono 183 i bambini ruandesi e 225 quelli somali. Bambini che muiono per malattie scomparse o debellate in Occidente, per la carenza delle strutture sanitarie (ospedali e medici), per l’ignavia di chi preferisce girarsi dall’altra parte e produrre nuove guerre che vedranno morire nuovi bambini.

 

Maya@valchisone.it

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